AFFIDAMENTO ESCLUSIVO E SINDROME DA ALIENAZIONE PARENTALE

16 agosto 2020

Il Tribunale di Castrovillari, dando seguito ad altri precedenti sul punto, ha emesso un provvedimento di affidamento esclusivo (anzi, super-esclusivo) dei figli minori al padre sulla base della riscontrata sussistenza della cosiddetta sindrome da alienazione parentale, figura assai controversa e discussa anche in giurisprudenza.

In tema di affidamento dei figli minori, l’acclarato riavvicinamento al padre dei figli, a seguito della loro temporanea e breve avulsione dall’influenza psicologica materna, prova che il rifiuto del padre da parte dei minori non abbia solida base in una loro diretta esperienza di comportamenti paterni negativi e dimostra, a posteriori, la validità della formulata ipotesi di alienazione parentale, giustificando il provvedimento di affidamento esclusivo al padre. Lo stabilisce il Tribunale di Castrovillari con decreto del 30 giugno 2020, n. 1218.
Il Tribunale è stato investito della decisione circa l’affidamento stabile dei minori, nel perdurante contrasto tra i genitori.
La CTU psicologica esperita in corso di causa aveva certificato la sussistenza di una “alienazione parentale” messa in atto dalla madre nei confronti del padre dei minori coinvolti. Ella aveva reciso ogni rapporto tra i figli, il padre e la rete parentale paterna, tanto che i minori stessi si dichiaravano figli del nuovo marito della madre. Il consulente aveva proposto quindi l’affidamento esclusivo dei figli al padre, con inibizione per tre mesi di ogni contatto tra i minori e la madre, da reimmettere poi gradualmente nella relazione con loro.
Il Tribunale, nel tentativo di favorire il ristabilimento dei rapporti tra i genitori e tra questi e i figli, aveva invece disposto l’affidamento temporaneo dei minori (collocati presso la madre) dapprima al Consultorio familiare del Comune, poi ai servizi sociali e infine – dopo un ulteriore tentativo presso il consultorio, reso infruttuoso dalla ferma opposizione della madre - a una casa famiglia, con temporanea recisione dei rapporti con la madre e il conseguente progressivo affievolimento dell’ostilità dei figli verso il padre e il loro riavvicinamento al genitore.

I giudici hanno quindi disposto l’affidamento esclusivo dei figli al padre. Per essere precisi, poiché il comportamento della madre continuava a configurare un intento alienante, tale affidamento è stato disposto in modalità super-esclusiva: in presenza di motivi gravi al punto da giustificare l’attribuzione della responsabilità genitoriale in capo a uno soltanto dei due genitori, compete a quest’ultimo adottare in via esclusiva ogni decisione di maggiore interesse per i figli. In secondo luogo, per un periodo di tre mesi, è stato inibito alla madre di intrattenere rapporti con i figli, che andranno in seguito ripresi con la mediazione del consultorio familiare del comune, secondo le modalità temporali dal medesimo stabilite.

Tale decisione - su un caso dai risvolti particolarmente critici per i minori coinvolti – prolunga il dibattito giurisprudenziale sulla controversa figura della cosiddetta “sindrome da alienazione parentale”.

Parte della giurisprudenza riconosce rilevanza a tale figura (detta anche PAS, ovvero Parental Alienation Syndrome), nella quale un genitore attiva una sorta di programmatico allontanamento dei figli da e contro l’altro genitore, a volte con il coinvolgimento dei figli stessi in tal senso, manovrati o comunque influenzati allo scopo.

Per l’opposto orientamento di merito, invece, tale sindrome è priva di fondamento scientifico che configuri il comportamento “alienante” di un genitore (comunque rilevante sotto altri aspetti) quale “patologia” del minore coinvolto.

Nel tempo, la Cassazione ha spostato l’attenzione dalla validità scientifica della teoria alla rilevanza dei fatti denunciati da un genitore nei confronti dell’altro, precisando che “qualora il genitore non affidatario o collocatario, per conseguire la modifica delle modalità di affidamento del figlio minore, denunci l’allontanamento morale e materiale di quest’ultimo, attribuendolo a condotte dell’altro genitore a suo dire espressive di una PAS (sindrome da alienazione parentale), il giudice di merito (prescindendo dalla validità o invalidità teorica di detta patologia) è tenuto ad accertare in concreto la sussistenza di tali condotte, alla stregua dei mezzi di prova propri della materia, quali l’ascolto del minore, nonché ad esempio desumendo elementi anche dalla eventuale presenza di un legame simbiotico e patologico tra il figlio e il genitore collocatario. Tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali dei figli con l’altro genitore, al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa su quest’ultimo” (tra le altre: Cassazione, 8 aprile 2016, n. 6919 e Cassazione, 13 settembre 2017, n. 21215).

 

 

 

 

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