
In caso di separazione o divorzio, nell’ipotesi in cui non ci sia accordo fra le parti, è il Tribunale a stabilire a chi deve essere affidato l’animale domestico?
Purtroppo queste problematiche non hanno avuto ancora un risposta chiara dal nostro legislatore. Da anni, infatti, è ferma in parlamento una proposta di legge volta a disciplinare il destino di “FIDO” in caso di separazione e divorzio, con l’adozione di un criterio analogo a quello stabilito per l’affido dei figli minori, perchè si sa …“i cani sono come figli”.
L’auspicata riforma prevede fra l’altro l’introduzione nel codice civile del titolo XIV-bis al codice civile recante disposizioni in materia di animali domestici. In particolare, il testo dell’art. 455-ter c.c. intitolato “Affidamento degli animali familiari in caso di separazione di coniugi”, prevede che: “Per gli animali familiari, in caso di separazione di coniugi, proprietari di un animale familiare, il tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o comunione dei beni e da quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale, sentiti i coniugi, i conviventi e la prole, e acquisito, se necessario, il parere degli esperti di comportamento animale, ne attribuisce l’affido esclusivo o condiviso alla parte in grado di garantire loro la sistemazione migliore inerente il profilo della protezione degli animali. Il tribunale ordinario è competente a decidere in merito all’affido di cui al presente comma anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio.”
Se approvato, l’art. 455 – ter c.c. insieme agli artt. 455-bis e 455-quater c.c., sancirà nel nostro ordinamento la configurazione di tutti gli animali come esseri senzienti e titolari di diritti.
In caso di separazione, l’affidamento verrà deciso senza considerare l’animale domestico come un oggetto, e senza che assuma rilievo il fatto che i coniugi siano in separazione o comunione dei beni. Non si terrà conto neppure dell’ “intestatario” del microchip del cane; questo perchè viene considerata una pura formalità il fatto di essere registrati come “proprietari”, dato che l’animale è inserito in un nucleo familiare a prescindere dalla sua appartenenza per legge.
Lo scopo delle norme richiamate è porre al primo posto il benessere dell’animale.
In caso di separazione verranno quindi ascoltati i coniugi, i figli e altre persone che convivono sotto lo stesso tetto. Se ce ne fosse bisogno verrà sentito anche un esperto in comportamento animale per aiutare a decidere quale sia la soluzione migliore. Nel caso in cui siano presenti figli minori, il benessere dei bambini si intreccia con quello dell’animale. Di solito, infatti, si tenderà a privilegiare la stabilità del rapporto dei bambini con il loro animale: questo legame è considerato elemento fondamentale per il benessere di entrambi. Il coniuge che non avrà affidato l’animale familiare, avrà un diritto di visita e potrà tenerlo con sé per alcuni periodi.
Il Tribunale potrà anche decidere sulle spese per il mantenimento dell’animale (ordinarie, come il cibo, o straordinarie, come le cure mediche), che potranno essere divise al 50% o secondo altre percentuali, anche se l’animale vivrà solo con uno dei due coniugi.
Mentre il disegno di legge attende da anni di essere approvato, cresce il contenzioso giudiziario introdotto dinanzi i Tribunali da “ex” che si contendono gli animali domestici, che viene deciso – in assenza di disposizioni normative - in maniera non sempre uniforme.
Si richiamano qui di seguito alcuni precedenti giurisprudenziali:
1) Tribunale di Pescara 9 maggio 2002: “Il giudice della separazione può ben disporre, in sede di provvedimenti interinali, che l’animale d’affezione, già convivente con la coppia, sia affidato ad uno dei coniugi con l’obbligo di averne cura, e statuire a favore dell’altro coniuge il diritto di prenderlo e tenerlo con sé per alcune ore nel corso di ogni giorno”. Nella specie, come si è accennato nel paragrafo precedente, il cane è stato affidato “al coniuge ritenuto maggiormente idoneo ad assicurare il miglior sviluppo possibile dell’identità dell’animale”.
2) Il Tribunale di Milano, con ordinanza in data 2 marzo 2011, ha dichiarato inammissibile, in sede di separazione giudiziale, la domanda volta all’assegnazione di animali di affezione all’uno o all’altro dei coniugi, per il fatto che l’ordinamento italiano non prevede ancora nulla circa la possibilità di affidare gli animali domestici, “né essendo compito del giudice della separazione quello di regolare i diritti delle parti sugli animali di casa”.
3) Lo stesso Tribunale di Milano, due anni dopo, con decreto in data 13 marzo 2013, in un caso di separazione consensuale fra coniugi, dopo aver preso le mosse dal rilievo che “nell’attuale ordinamento - anche in conseguenza dell’entrata in vigore della Legge 4 novembre 2010, n. 201, di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987 - il sentimento per gli animali ha protezione costituzionale e riconoscimento europeo cosicché deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia (Trib. Varese 7 dicembre 2011, decreto)”, ha affermato che “una interpretazione evolutiva ed orientata delle norme vigenti, impone di ritenere che l’animale non possa essere più collocato nell’area semantica concettuale delle “cose”, ... ma debba essere riconosciuto come “essere senziente” (v. Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007). Non essendo l’animale una “cosa” (v., ad. es., artt. 923 c.c.), bensì un essere senziente, è legittima facoltà dei coniugi quella di regolarne la permanenza presso l’una o l’altra abitazione e le modalità che ciascuno dei proprietari deve seguire per il mantenimento dello stesso”.Nella specie, trattavasi di collocare i gatti della famiglia di una minore, i cui coniugi avevano stabilito in una clausola dell’accordo di separazione che i gatti restassero a vivere nell’ambiente domestico della madre, dove era collocata la minore, e che la madre provvedesse alle spese ordinarie, mentre quelle straordinarie restassero a carico in pari misura fra i coniugi.
Si può quindi notare che con questo provvedimento il Tribunale di Milano pone a base della omologa delle condizioni di separazione consensuale, una concezione dell’animale radicalmente mutata, che riferisce come il portato della evoluzione registratasi a livello di normazione europea, e che fa leva sulla natura di “essere senziente” dello stesso, e cioè di creatura capace di “provare emozioni”, e in particolar modo - per quanto qui maggiormente interessa, ad avviso di chi scrive - di avvertire “sofferenza”, non solo fisica ma anche psichica.
4) Tribunale di Como, decreto 3 febbraio 2016: “In caso di contrasto tra le parti il giudice della separazione non è tenuto ad occuparsi della assegnazione degli animali di affezione all’uno o all’altro dei coniugi, né della loro relazione con gli stessi; per contro, in presenza di accordi liberamente assunti dai coniugi, non vi è luogo a provvedere circa il merito di dette questioni ma solo a verificare la sussistenza dei presupposti della omologazione; a tal fine, pur invitandosi le parti, per il futuro (per es. in caso di divorzio o modifica delle condizioni di separazione) a regolare altrimenti, ovvero con impegni stragiudiziali, le sorti del loro animale domestico, devesi rilevare che i presenti accordi, anche nella parte in cui concernono interessi a contenuto non economico, non urtano con alcuna norma cogente, né con principi di ordine pubblico. (Conforme: Trib. Milano 2 marzo 2011 - Difforme: Trib. Pescara 9 maggio 2002; Trib. Cremona 11 giugno 2008; Trib. Milano 13 marzo 2013)
La decisione si pone del tutto in controtendenza, non soltanto relativamente alla stessa giurisprudenza di merito, ma soprattutto rispetto alle Convenzioni internazionali che considerano gli animali come “esseri senzienti” ed alla considerazione degli stessi vieppiù affermatasi nella società italiana, fra le prime appassionate degli animali domestici e degli animali in generale, tanto da ispirare sempre più l’attenzione del Legislatore nazionale, tradottasi già in interventi normativi a tutela - plausibilmente - degli animali in sè stessi e non solo nella loro relazione con l’essere umano e col suo “sentimento” nei loro confronti, oltre che nel disegno di legge in tema di affidamento degli animali domestici in caso di separazione già richiamato..
5) Tribunale di Roma, sentenza n°5322 del 12-15 marzo 2016: il Tribunale ha chiarito, nel caso di specie, come l’assenza di un dettato normativo imponga al giudice di “creare un principio giuridico” attraverso l’applicazione analogica della disciplina dettata dal legislatore in tema affidamento di figli minori, così come già deciso dai Tribunale di Foggia e Cremona.
In particolare, detti Tribunali avevano disposto in due cause di separazione tra coniugi rispettivamente l’affidamento esclusivo dell’animale ad uno dei coniugi e il diritto di visita all’altro e, nella seconda, l’affidamento condiviso dell’animale, basandosi unicamente sulla tutela dell’interesse privilegiato materiale-spirituale-affettivo dell’animale. Ad avviso del Tribunale di Roma, inoltre, detta interpretazione ben può essere applicata anche alla separazione di fatto di coppie non coniugate, alla luce dell’intervenuta equiparazione della tutela dei figli nati dentro e fuori del matrimonio e della proposta di legge da tempo pendente in parlamento, volta all’introduzione del sopra richiamato art. 455 ter c.c.. Ad avviso del Tribunale, inoltre, la proprietà formale del cane non rileverebbe, dovendo il suo affidamento (condiviso ed esclusivo) basarsi solo sul legame d’amore esistente con il/i proprietari e, dunque, sul suo superiore interesse. Il Tribunale, pertanto, ha concluso disponendo l’affido condiviso dell’animale al 50%, con collocamento alternato ogni 6 mesi e “…facoltà per la parte che nei sei mesi non l’avrà con sé, di vederlo e tenerlo due giorni la settimana, anche continuativi, notte compresa…” nonché la divisione al 50% delle spese per il suo mantenimento.
In alcune decisioni giurisprudenziali, è dunque accaduto che i giudici abbiano statuito di affidare il cane ad entrambi i coniugi alternando l’affido di settimana in settimana (di recente, in questo senso, anche il Tribunale di Sciacca.
Questa soluzione potrebbe tuttavia non essere la migliore: chiunque abbia avuto un cane sa bene che si tratta un animale molto abitudinario e che i cambiamenti (orari diversi, abitudini diverse, cibo diverso odori diversi) non sempre sono ben sono sempre accolti dall’animale.
In conclusione sarebbe auspicabile, in caso di disgregazione del nucleo familiare, che le parti trovassero un accordo bonario anche sull’affidamento dell’animale domestico nell’interesse del benessere di quest’ultimo. Una decisione condivisa, seppur sofferta e difficile, è sempre preferibile ad una decisione assunta da un giudice.
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